La collaborazione con legambiente

E’ in essere una collaborazione proficua tra Geolab e Legambiente.

FLORA E VEGETAZIONE

Riguardo a flora e vegetazione del Lamone va premessa una distinzione: se il discorso si limitasse alla pura e sola striscia di fondovalle, strettamente riguardante il fiume, allora si parlerebbe dei soli cosiddetti habitat «ripariali» (di ripa o di riva), caratterizzati da boscaglie più o meno evolute a pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco (Populus alba), salice bianco (Salix alba) e, dove il suolo è appena un po’ più ricco, anche ontano nero (Alnus glutinosa). Queste formazioni ripariali, per quanto possano manifestare leggere variazioni nella struttura e nella composizione floristica, tendono comunque a ripetersi con una certa uniformità, anche al limite della monotonìa, lungo tutto il corso d’acqua, in pratica dalle sorgenti alle foce. Variazioni significative sono dovute più agli interventi dell’uomo (specialmente in pianura e specialmente se ci sono argini golenali sottoposti a manutenzioni periodiche), che non alla natura; ad esempio in caso di degrado, tipicamente conseguente a drastici tagli, si involvono verso stadi più semplificati, con robinia (Robinia pseudoacacia) e sambuco nero (Sambucus nigra). In altre parole, la copertura vegetale delle sponde del fiume (del Lamone come di qualsiasi altro fiume dell’Appennino romagnolo) è tipicamente “azonale”, cioè condizionata non dall’altitudine bensì dall’elemento liquido, che risulta il comune denominatore di gran lunga più importante. Naturalmente, alle specie arboree sopracitate, se ne accompagnano altre arbustive fra le quali vanno citati i salici, con diverse specie: Salix triandra, S.apennina, S.eleagnos e soprattutto S.purpurea, tutte abbastanza simili tra loro. A loro si aggiunge il salicone (Salix caprea), che è una tipica specie pioniera, diffusa nell’intero territorio regionale anche (ma non solo) lungo i corsi d’acqua, in scarpate o spiaggette sassose. Il salicone si può tuttavia trovare anche lontano dall’acqua, in radure di faggeta, terreni grossolani anche aridi e incoerenti perché è una specie molto frugale e adattabile. Allo stesso modo, bisogna precisare che lungo il Lamone come in qualsiasi altro torrente o fiume, si può trovare una lunga serie di piante (perché l’acqua veicola semi e perché lungo il greto si trovano occasionalmente suoli nudi, appena lasciati dall’acqua, su cui può germinare quasi di tutto), che però non sono esclusive e neppure tanto rappresentative dell’ambiente fluviale.

Il discorso, anche per ragioni di opportunità e di piacevolezza (altrimenti sarebbe appunto troppo limitato), si estende al bacino del Lamone, considerando quindi non solo le “ripe” ma anche le soprastanti pendici. Assistiamo così, dalle sorgenti alla foce, ad un gradiente altitudinale, cioè a progressive variazioni nella copertura vegetale determinate dall’abbassamento della quota e quindi, come noto, alle relative mitigazioni microclimatiche. Ricorrendo al consolidato schema (con tutti i pregi e tutti i difetti delle schematizzazioni, utili per mettere ordine nelle “cose della natura” ma spesso troppo rigide rispetto alla realtà naturale che è più sfumata e imprevedibile di quanto vorremmo noi uomini incasellatori) si vede, dall’alto verso il basso, una successione di “fasce” altitudinali, dalla più montana (“del faggio”) fino a quella costiera (“del leccio”), passando per quelle medio- e basso-collinari e per quella planiziale (rispettivamente del cerro, o del castagno, della roverella e della farnia).

Le considerazioni finali riguardano il valore ambientale e naturalistico della copertura vegetale della valle del Lamone. A questo proposito, rifuggendo da inopportuni campanilismi, si rileva l’assenza quasi completa di peculiarità. Mancano del tutto gli endemismi (cioè elementi esclusivi) perché la valle del Lamone non presenta situazioni geomorfologiche caratterizzate in modo spinto. Una parziale eccezione si può fare per la fascia collinare, con la Vena del Gesso e le sue componenti tendenzialmente mediterranee, che però nel Lamone si affacciano appena. Si sviluppano e raggiungendo il loro massimo culmine nelle limitrofe valli del Sintria, del Senio e Santerno (con piante a distribuzione meridionale che qui si trovano al limite del loro areale, come l’agazzino, l’alaterno, il terebinto, ecc.) o con veri e propri endemismi come Cheilanthes persica. Un’altra parziale eccezione è presso la foce, con ambienti relitti di grande pregio naturalistico, ad esempio Punte Alberete o le Pinete di Ravenna. Queste ultime, per quanto storicamente plasmate dall’uomo, e considerabili semi-artificiali, hanno acquisito nei secoli un valore paesaggistico, ambientale e tradizionale, che trascende il puro dato botanico-naturalistico.

Condividi
Chiudi il menu